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Agenda 2010: un modello anche per l’Italia?

La riforma con cui Gerhard Schröder cambiò il mercato del lavoro e il futuro della Germania. Un modello a cui molti Paesi europei in difficoltà cominciano a guardare con attenzione

di Marco Delugan 3 mar 2014 ore 16:03

germania_8Anno 2003, da più di un decennio la Germania non era più la locomotiva d’Europa. L’economia non cresceva, mentre continuava a salire la disoccupazione. Colta da una sindrome chiamata “Reformstau” -  che vuol dire incapacità di trasformarsi – la Germania non riusciva a scrollarsi di dosso una stagnazione economica e sociale che non mostrava all’orizzonte la parola fine. Unico cambiamento di rilievo: la riforma del sistema pensionistico varata dal governo rosso-verde guidato dal socialdemocratico Gerhard Schröder.

Ma, per quanto riguardava l’economia, davvero poco. E fu proprio in quel clima che Schröder ebbe il coraggio di una riforma tanto radicale quanto decisiva per la futura ripresa dell’economia tedesca: la famosa Agenda 2010, piano di riforma del welfare e del mercato del lavoro cui oggi in molti guardano come possibile modello per smuovere le economie stagnanti dell’Europa, compresa quella italiana.

 

MERCATO DEL LAVORO - Agenda 2010 si sostanziava, per quello che riguarda il mercato del lavoro, di quattro leggi che nel giro di pochi anni avrebbero rivoluzionato il funzionamento degli uffici di collocamento, i contratti, l’assistenza e i sussidi per la disoccupazione.

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Il coraggio di Schröder fu di rompere con parte della tradizione socialdemocratica in fatto di sicurezza sociale e protezione del lavoro, riducendo le garanzie, aumentando la flessibilità, premiando l’iniziativa e l’impegno, di definire un nuovo approccio che non fosse solo di sostegno per chi ne avesse bisogno, ma che coniugasse la solidarietà sociale con la responsabilità individuale del proprio destino lavorativo.

Schröder e il partito socialdemocratico pagarono il coraggio dimostrato con questa riforma con la riduzione dei consensi elettorali da cui non si sono mai completamente ripresi.

 

La prima delle quattro leggi ad entrare in vigore fu la riforma degli uffici di collocamento. I nuovi job center istituivano la figura del “consigliere” che aveva il compito di affiancare la persona in cerca di un nuovo lavoro, nella definizione di un progetto di formazione per la riqualificazione professionale e per la ricerca vera e propria di un nuovo posto; un progetto definito intorno alle caratteristiche del lavoratore, ai suoi punti di forza e di debolezza, corredato di un sistema informativo digitalizzato che aiutava l’incrocio del profilo professionale con la domanda di lavoro da parte delle aziende. I servizi per il mercato del lavoro vennero anche liberalizzati così, accanto e in rete con quelli pubblici, iniziarono a operare anche servizi di collocamento privati.

La seconda legge introdusse i mini-job e i midi job, contratti di lavoro di breve durata e di basso valore economico – 450 e 800 euro mensili, rispettivamente – che permettevano ai disoccupati di bassa professionalità e di difficile collocazione e ricollocazione professionale di entrare o rimanere comunque in contatto con il mercato del lavoro, anche se in modo precario e poco pagato.

La terza legge aveva lo scopo di spingere all’autoimprenditorialità: stimolava, cioè, i disoccupati a fondare piccole imprese, sostenendoli con rete di sussidi e benefici fiscali.

La quarta legge ha riformato il sistema di assistenza ai disoccupati. Il sussidio di lunga durata e gli aiuti sociali furono unificati, la durata del sostegno passò da due anni a uno e fu introdotto un sussidio di minore entità legato all’effettiva disponibilità e impegno del lavoratore a cercare attivamente una nuova occupazione.

 

Le riforme dedicate al lavoro appena ricordate vanno sotto il nome di pacchetto Hartz, direttore del personale della Volkswagen che, con i suoi studi, aveva appunto ispirato quella parte di Agenda 2010.

 

ALTRI PROVVEDIMENTI DI AGENDA 2010 - Ma oltre ai provvedimenti dedicati al lavoro, Agenda 2010 conteneva anche altre importanti misure e tutte andavano verso una ridefinizione della presenza dello Stato nella società e nell’economia al fine di rendere più dinamica l’economia. Tutto questo ha voluto dire un minor peso di burocrazia e tasse sulle imprese, un aumento delle spese sanitarie in capo ai lavoratori e la diminuzione della protezione dai licenziamenti, ma anche aumento della spesa statale per la formazione e riduzione della pressione fiscale.

 

RISULTATI DELLA RIFORMA - Ci volle qualche anno perché le riforme di Agenda 2010 iniziassero a portare i benefici sperati. Negli anni immediatamente successivi alla loro realizzazione la situazione addirittura peggiorò. La Germania però si riprese e dal 2005 a oggi sono stati creati più di tre milioni di posti di lavoro e la crescita economica è tornata a essere sostenuta.

 

Le riforme realizzate grazie ad Agenda 2010 sono oggi considerate da molti uno degli elementi più importanti della ripresa economica tedesca, ma non mancano le critiche che imputano a queste la precarizzazione del lavoro e l’aumento delle diseguaglianze sociali.

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