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Psicologo e partita iva

Fra le attività professionali che negli ultimi anni stanno vivendo un periodo di crescita, visto anche i ritmi frenetici cui molti soggetti sono sempre più sottoposti, è sicuramente l’attività degli psicologi

di Redazione Soldionline 16 lug 2012 ore 10:04

Articolo a cura di partitaivaonline.com

Fra le attività professionali che negli ultimi anni stanno vivendo un periodo di crescita, visto anche i ritmi frenetici cui molti soggetti sono sempre più sottoposti, è sicuramente l’attività degli psicologi, grazie anche alla presenza di diversi tabù sulla professione che stanno scomparendo nella popolazione, ed allo sviluppo di internet: girando per la rete è infatti possibile avvalersi di consulti a distanza da parte di professionisti del settore.

Presupposto fondamentale per l’esercizio della professione è il superamento dell’esame di Stato, cui è possibile accedere avendo come requisiti il conseguimento della laurea in psicologia (non ci soffermiamo in tale ambito sulle caratteristiche dei corsi di laurea) e lo svolgimento di un tirocinio presso professionisti o strutture abilitate (della dura di un anno). Una
volta superato l’esame di abilitazione è possibile iscriversi ad un ordine provinciale ed iniziare l’attività professionale: ma cosa serve per essere in regola con il fisco?

Come per tutti i professionisti in genere non è necessaria l’iscrizione in Camera di Commercio (in quanto ovviamente non si tratta di attività di impresa, se non svolta ad esempio in forma associativa), ma basta soltanto aprire partita iva: per fare ciò è possibile rivolgersi all’Ufficio più vicino dell’Agenzia delle Entrate, fare tutto telematicamente attraverso i sistemi Entratel e Fisconline (bisogna accreditarsi e ricevere le credenziali di accesso), oppure rivolgersi ad un commercialista, professionista abilitato o ad uno dei servizi online per l’apertura di partita iva (per evitare magari di commettere degli errori in fase di avvio).

Lo psicologo, come tutti i professionisti, può “scegliere” tra 3 regimi contabili:
1) Regime semplificato, che è il regime naturale per i professionisti;
2) Regime ordinario, valido solo su opzione, ma che comporta maggiori adempimenti da un punto di vista contabile (e quindi maggiori costi);
3) Regime dei minimi, che prevede una imposta sostitutiva agevolata al 5%(di Iva, Irpef, Irap), non prevede studi settore e applicazione della ritenuta d’acconto, ma che è sottoposto ad alcuni vincoli (limite di 30.000 euro di ricavi, no dipendenti, non aver esercitato attività di impresa o professionali nel triennio precedente...).

Da un punto di vista previdenziale gli psicologi (iscritti all’albo) hanno l’obbligo di iscrizione alla Cassa previdenziale di categoria, l’ENPAP, entro 90 giorni dal conseguimento del primo compenso: differentemente da alcune Casse professionali l’essere in possesso di partita iva non è condizione obbligatoria per l’iscrizione alla Cassa, ma solo la percezione del “primo compenso”.
Il contributo è variabile (generalmente pari al 10% dell’imponibile), e ci sono agevolazioni per gli iscritti al di sotto dei 35 anni (riduzione del contributo soggettivo minimo).
Da un punto di vista della fatturazione e dell’imponibilità IVA delle prestazioni dello psicologo, bisogna distinguere se tali prestazioni professionali abbiano carattere “sanitario” o meno (ricordiamo che in caso di adesione al regime dei minimi nelle fatture non va indicata IVA, ma la dicitura propria del regime). Sono ad esempio esenti IVA: sedute di psicoterapia,
colloqui psicologici, somministrazione di test psico-attitudinali...
Sono invece imponibili IVA al 21%: colloqui di selezione, insegnamento di materie psicologiche da privato, consulenza di orientamento scolastico...
E’ in ogni caso sempre consigliabile, prima di emettere una fattura, informarsi presso il proprio commercialista di fiducia o presso l’Ordine di appartenenza.


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