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Azionario Italia, chi sarà favorito dalla stagione delle trimestrali?

I principali mercati azionari internazionali hanno iniziato il 2024 all’insegna dell’incertezza. Alcune indicazioni dovrebbero arrivare dalla stagione delle trimestrali

di Redazione Soldionline 2 feb 2024 ore 11:08

I principali mercati azionari internazionali hanno iniziato il 2024 all’insegna dell’incertezza, una tendenza a cui non ha fatto eccezione Piazza Affari.

Nella sua rubrica mensile "Italian Times", Massimo Trabattoni - Head of Italian Equity di Kairos – ha segnalato che alcune indicazioni dovrebbero arrivare dalla stagione delle trimestrali, già a pieno regime a Wall Street, ma agli inizi per Borsa Italiana. Secondo l’esperto le attese restano positive per le banche italiane, anche se il momentum per il settore potrebbe essere destinato a indebolirsi, complici le aspettative di ribasso dei tassi per il 2024.

Al contrario, secondo Massimo Trabattoni, il cambio di politica monetaria potrebbe favorire le società che operano nel settore del risparmio gestito, contribuendo anche alla sovraperformance di utility e tecnologici.

Nell’analisi seguente l’esperto fornisce maggiori dettagli su queste indicazioni.

 

mercato-azionario_3Da inizio anno tutti i principali indici azionari globali stanno conseguendo performance flat o leggermente positive: per il mercato italiano il FTSEMib registra +0,5%, lo Stoxx Europe 600 +1,1%, l’S&P 500 +2,6% e il Nasdaq +3% in valuta locale (total return).

 

Mentre scriviamo, è appena iniziata la reporting season, vale a dire il periodo durante il quale le società quotate espongono alla comunità finanziaria i risultati conseguiti nel quarto trimestre del 2023, e pertanto implicitamente nell’intero anno passato.

 

Ci aspettiamo ancora una volta numeri positivi dalle banche italiane, sull’onda di tassi (e pertanto margini di interesse) molto più alti rispetto agli ultimi anni e remunerazione dei depositi non ancora rivista al rialzo. 

Tuttavia, riteniamo che il momentum sul settore bancario sia destinato ad indebolirsi, complici le aspettative di ribasso dei tassi per il 2024 e, di conseguenza, termini di paragone inevitabilmente più sfidanti per i prossimi trimestri. D’altro canto, il mondo bancario italiano continua ad essere attentamente monitorato alla luce del suo appeal speculativo, con elevato potenziale di consolidamento settoriale che potrebbe rivelarsi nel corso del 2024.

 

Lo scenario di tassi in calo potrebbe verosimilmente favorire gli asset gatherer, ossia le società che operano nel settore del risparmio gestito che, con una graduale normalizzazione dei tassi, beneficerebbero di una ripresa della componente di ricavi legata alle commissioni. In aggiunta, un progressivo calo dei tassi contribuirebbe alla sovraperformance da un lato delle utilities, tipicamente molto indebitate, che si troverebbero a beneficiare di un minore costo del debito e, dall’altro, dei tecnologici, che vedrebbero aumentare il valore attuale dei propri flussi di cassa futuri, concentrati per lo più sul medio e lungo termine.

 

Fin dall’inizio del 2024 sui mercati internazionali si notano segnali incoraggianti, che vanno nella direzione di una ripresa del comparto delle società a piccola e media capitalizzazione: il Russell 3000, ossia l’indice americano che è composto per un terzo da US large cap e per due terzi da US small cap, sta toccando i massimi di sempre. 

Alla luce di questa evidenza, siamo ancora più fiduciosi che un contesto con tassi più bassi possa ridurre le probabilità di una recessione ed aumentare la visibilità sulla tenuta del ciclo macroeconomico, cui le PMI tendono ad essere particolarmente correlate. Inoltre, una fase di politica monetaria espansiva aiuterebbe una ripresa delle valutazioni borsistiche di queste piccole e medie imprese, i cui multipli negli anni più recenti hanno subito una violenta ed indiscriminata compressione per lo più dovuta dal brusco rialzo dei tassi, nonostante fondamentali aziendali solidi ed intatti.

 

Da ultimo, ricordiamo che il 2023 è stato il primo anno in cui è stato possibile disinvestire dai fondi PIR (Piani Individuali di Risparmio) senza perdere i benefici fiscali associati, purché l’investimento fosse stato mantenuto continuativamente in portafoglio almeno per cinque anni.

Questo ha fatto sì che per tutto l’anno appena conclusosi, il segmento sia stato oggetto di una costante pressione in vendita che ci aspettiamo di vedere gradualmente rientrare nel corso del 2024, permettendo a questa asset class di tornare attrattiva anche agli occhi degli investitori internazionali oltre che di quelli locali.

 

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