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Contratto unico a tempo indeterminato a tutele crescenti

Potrebbe essere uno dei punti importanti della riforma del lavoro del Governo Renzi. L’obiettivo è semplificare l’attuale panorama delle forme contrattuali e ridurre la precarietà del lavoro.

di Marco Delugan 6 mar 2014 ore 09:58
Non si capisce ancora se sarà davvero unico, nel senso che tutte le altre forme contrattuali saranno abolite, o se andrà a inserirsi in un quadro normativo semplificato dove, per ipotesi, potrebbero rimanere in vita l'apprendistato, il contratto a termine e il part-time, e sparire le tipologie contrattuali più “precarie”, come i contratti di collaborazione flessibili, il lavoro interinale, e quelli di collaborazione coordinata e continuativa.

Obiettivo dell’inserimento di questa nuova forma contrattuale è superare il dualismo del mercato del lavoro italiano dove, da un lato, ci sono i lavoratori dipendenti che godono di molte tutele, e dall’altro i lavoratori precari, che ne godono di pochissime, un dualismo che si ripresenta in buona parte anche per fascia di età, dove i giovani risultano molto meno garantiti rispetto ai più maturi.

INFOGRAFICA - I punti principali del Jobs Act di Renzi

contrattoCONTRATTO UNICO A TUTELE CRESCENTI - Il contratto unico a tempo indeterminato e a tutele crescenti prevede che il nuovo assunto non goda delle tutele dell’articolo 18 per i primi tre anni, mentre si veda riconosciuti altri diritti come la maternità e la malattia. La mancanza della protezione dell’articolo 18 vuol dire che l’azienda potrà decidere di licenziare senza che il lavoratore abbia il diritto al reintegro. Qualora fosse deciso dall’autorità giudiziaria che il licenziamento è ingiusto, il lavoratore avrebbe il diritto a un risarcimento crescente in proporzione all’anzianità di carriera. Una volta superati i tre anni di servizio il lavoratore assumerebbe tutti i diritti, compresa la protezione dell’articolo 18.

QUELLO CHE RESTA DELL’ARTICOLO 18 - La Riforma del Lavoro dell’ex-ministro Elsa Fornero ha modificato, tra le altre cose, l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. L’articolo si applica alle aziende con almeno 15 dipendenti e, nella sua nuova forma, definisce tre tipi di licenziamento: discriminatorio, per motivi disciplinari, e per motivi economici.

Se il Giudice decide che un licenziamento è configurabile come discriminatorio, è previsto il reintegro del lavoratore con il risarcimento integrale di tutte le mensilità non ricevute e il pagamento da parte dell’azienda di tutti i contributi dovuti. Per il licenziamento dovuto a motivi economici ma considerato ingiusto dal giudice, al lavoratore spetterebbe un indennizzo in denaro proporzionale all’anzianità di carriera e il reintegro con risarcimento limitato quando la causa del licenziamento fosse ritenuta “manifestamente infondata”. Per il licenziamento disciplinare, qualora il giudice stabilisse che in realtà non ne sussistono gli estremi, al lavoratore potrebbe venire concessa un’indennità risarcitoria o la reintegrazione con risarcimento limitato.
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