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Il contratto di lavoro in somministrazione

Il contratto di somministrazione disciplina un rapporto di lavoro in affitto. Disciplina quindi quello che fino al Jobs Act del 2014 era noto come contratto di lavoro interinale

di Carlo Sala 14 ott 2019 ore 10:28

contratto-lavoro-in-somministrazioneIl contratto di somministrazione disciplina un rapporto di lavoro in affitto. Disciplina quindi quello che fino al Jobs Act del 2014 era noto come contratto di lavoro interinale; ma disciplina anche la fornitura di personale a tempo indeterminato (staff leasing).

La particolarità di questo contratto consiste nel fatto che le parti coinvolte sono tre:

  •  il somministrato, cioè il lavoratore che viene affittato;
  •  l’utilizzatore, cioè colui che impiega e dirige il lavoratore;
  •  il somministratore, cioè l’agenzia per il lavoro che assume il lavoratore e lo fornisce (affitta) a chi (datore di lavoro/utilizzatore) glielo chieda.


Leggi anche: Le diverse tipologie di contratti di lavoro: caratteristiche e utilizzi


Rispetto a un normale rapporto di lavoro, nel quale le parti sono due, il contratto di somministrazione presenta due differenze essenziali:

  •  il lavoratore non è assunto (a tempo determinato o indeterminato) da chi utilizza il suo lavoro; è assunto (e pagato) da un’agenzia che lo ‘rivende’, affittandolo, a chi ne ha bisogno;
  •  l’agenzia fa da intermediario tra domanda e offerta di lavoro. In senso tecnico, il datore di lavoro del lavoratore in somministrazione è proprio l’agenzia; è infatti con lei che il lavoratore stipula il contratto. In senso pratico, il datore di lavoro è l’utilizzatore; è infatti quest’ultimo che offre l’opportunità di lavoro ed è per lui che il lavoratore svolge la sua attività.

 

Parti e forma del contratto di somministrazione

Il contratto di somministrazione può essere stipulato solo con agenzie per il lavoro iscritte in un apposito Albo informatico tenuto presso l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal).

Poiché le parti coinvolte sono tre, il lavoro in somministrazione richiede due contratti:

  • uno tra il lavoratore (somministrato) e l’agenzia di lavoro (somministratore) col quale il primo si mette a disposizione della seconda (a tempo determinato o indeterminato) per essere affittato a chi si rivolga all’agenzia stessa;
  • uno tra l’agenzia (somministratore) e il datore di lavoro (utilizzatore), col quale la prima svolge un servizio commerciale a favore del secondo: la fornitura di lavoratori di cui vi è richiesta. 


Il contratto tra somministratore e utilizzatore deve avere forma scritta, altrimenti il lavoratore viene considerato assunto direttamente da chi lo utlizza e non in affitto. Spetta poi al somministratore comunicare per iscritto al somministrato la data di inizio della somministrazione e la sua durata.

 

La durata del contratto di somministrazione

Il contratto di somministrazione tra lavoratore e agenzia può essere stipulato a tempo sia determinato che indeterminato, con orario sia full che part time.

In base al cosiddetto decreto dignità (decreto legge n. 87 del 12 luglio 2018 convertito nella legge n. 96 del 9 agosto 2018), il contratto di somministrazione a tempo determinato può durare al massimo quanto un contratto di lavoro a tempo determinato ordinario: 12 mesi (estensibili fino a 24 e anche 36). In caso di durata superiore ai 12 giorni, il termine va indicato in forma scritta.

Il rapporto di lavoro in somministrazione può essere rinnovato negli stessi casi (esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività; necessità di sostituire altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria) e secondo le stesse modalità del rapporto di lavoro a tempo determinato. La proroga della somministrazione è possibile solo se lo consente il contratto di lavoro collettivo applicabile all’attività svolta e richiede il consenso scritto del lavoratore somministrato.
Lo svolgimento di attività lavorativa in somministrazione a tempo determinato vale ai fini del calcolo del limite massimo di durata dopo il quale un contratto a tempo determinato si trasforma in uno a tempo indeterminato.

Quando viene inviato presso un utilizzatore, il lavoratore in somministrazione ha diritto ad essere informato dall’utilizzatore di eventuali posti vacanti a tempo indeterminato. In questo modo, può concorrere, in condizioni di parità con chi è già assunto direttamente in quel luogo di lavoro, alla stipula di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

 

La retribuzione del lavoro in somministrazione

La retribuzione del lavoratore somministrato e le mensilità di retribuzione sono quelle previste dal Ccnl applicabile per l’attività lavorativa svolta presso l’utilizzatore. Quest’ultimo deve comunicare all’agenzia di somministrazione lo stipendio lordo e netto pagato a dipendenti con mansioni analoghe a quelle del lavoratore in somministrazione. La retribuzione del somministrato, come pure i contributi previdenziali e il Tfr, è infatti materialmente pagata dall’agenzia stessa. L’utilizzatore corrisponde  invece all’agenzia una cifra che copra tutto quanto pagato al lavoratore in affitto e garantisca al somministratore un margine di guadagno.
Nel caso in cui l’agenzia non provveda a pagare tutto o parte di quanto dovuto al lavoratore (retribuzione, contributi, tfr), le somme dovute devono essere saldate dall’utilizzatore. Quest’ultimo potrà poi rivalersi sull’agenzia, se il mancato pagamento è dovuto ad essa (nel caso, cioè, in cui le somme dovute al lavoratore sono state messe a disposizione dell’agenzia ma quest’ultima non le ha utilizzate per colui cui erano destinate).
Il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di lavoro ha diritto a un’indennità di disponibilità per i periodi in cui non è affittato ad un utilizzatore. L’importo dell’indennità è determinato dalla contrattazione collettiva e non può comunque essere inferiore all’importo fissato con decreto del Ministero del lavoro.

 

Licenziamento e dimissioni nel rapporto di lavoro in somministrazione

Il lavoratore in somministrazione gode delle stesse tutele del lavoratore assunto direttamente. Il lavoratore somministrato a tempo indeterminato è licenziabile solo per giusta causa (senza preavviso) o giustificato motivo (col preavviso previsto dal Ccnl applicabile); durante il periodo di prova può invece essere licenziato senza preavviso e senza motivazione. Il lavoratore somministrato a tempo determinato è licenziabile solo per giusta causa, mentre durante il periodo di prova il licenziamento è possibile senza preavviso e senza motivazione.

Le dimissioni sono sempre consentite, col preavviso previsto dal Ccnl applicabile, in caso di somministrazione a tempo indeterminato mentre possono essere date solo per giusta causa in caso di somministrazione a tempo determinato. Nel periodo di prova il lavoratore può sempre cessare la sua attività, senza fornire né preavviso né motivazioni, non importa se la somministrazione è a tempo determinato o indeterminato.

 

I casi in cui è consentito il lavoro in somministrazione

Il decreto dignità ha introdotto limiti sia per la somministrazione a tempo determinato che per quella a tempo indeterminato.

Il numero di lavoratori in somministrazione a tempo determinato non può essere superiore al 30% del totale dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore. Tale limite non vale però in caso di:

  • lavoratori in mobilità;
  • lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati;
  • disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali.

Il numero di lavoratori in somministrazione a tempo indeterminato non può invece essere superiore al 20% del totale dei lavoratori assunti a tempo indeterminato. Questo limite può però essere modificato dal Ccnl applicabile per il settore in cui opera l’utilizzatore.

La somministrazione a tempo sia determinato che indeterminato è vietata se:

  • è mirata a sostituire lavoratori in sciopero;
  • è destinata a coprire le necessità di unità produttive in cui nei sei mesi precedenti siano stati effettuati licenziamenti collettivi di lavoratori con le stesse mansioni (salvo accordo sindacale);
  • è destinata a coprire le necessità di unità produttive in cui vi sia una sospensione o riduzione di orari di lavoro con intervento dell'integrazione salariale;
  • non è stata effettuata la valutazione dei rischi per la sicurezza sul luogo di lavoro (come prevede il decreto legislativo 626 del 19 settembre 1994).

 

Pregi e difetti del contratto di somministrazione

Il contratto di somministrazione consente alle aziende di far fronte a esigenze provvisorie, prendendo in affitto lavoratori allo stesso modo con cui potrebbero prendere in affitto macchinari. La possibilità che un lavoratore sia considerato un bene strumentale affittabile urta però contro un diffuso modo di sentire.

Il lavoro è in effetti una merce, disponibile e richiesta a seconda dell’andamento del mercato, cioè del bisogno delle aziende e della disponibilità dei lavoratori, ma il lavoratore è una persona e non un oggetto, al quale spettano e sono riconosciuti diritti (tra cui il diritto al lavoro, che pure non comporta immediatamente l’obbligo per nessuno di impiegare chi vuole lavorare). Proprio questo modo di sentire ha portato a introdurre per legge una serie di cautele, che da un lato garantiscono effettivamente che chi affitta lavoratori sia affidabile (le agenzie di somministrazione devono registrarsi presso l’Anpal, quindi devono rispettare precisi requisiti), di contro circoscrivono i casi in cui questa soluzione è praticabile.

Il lavoro in somministrazione appare utile per chi non trova direttamente occasioni di lavoro ma può anche essere di grande interesse per il lavoratore che intenda arricchire il proprio curriculum, perché può servire per essere indirizzati presso vari utilizzatori nel tempo. E offre anche una buona garanzia in termini economici, perché i doveri in tal senso gravano sul somministratore, ma l’utilizzatore è un garante di fatto, essendo tenuto ad adempiervi in luogo del somministratore che non provveda.

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