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I permessi di lavoro, le varie tipologie

Il permesso è l’autorizzazione a non presentarsi al lavoro e consente quindi un’assenza giustificata. Esistono due tipi di permesso: retribuiti e non retribuiti

di Carlo Sala 5 nov 2019 ore 10:16

permessi-di-lavoroIl permesso è l’autorizzazione a non presentarsi al lavoro e consente quindi un’assenza giustificata. Esistono due tipi di permesso: retribuiti e non retribuiti. I primi danno diritto ad assentarsi senza perdere la retribuzione per il periodo di mancato svolgimento dell’attività lavorativa, i secondi danno diritto ad assentarsi ma comportano la perdita della retribuzione per l’intero periodo della mancata prestazione lavorativa.

In entrambi i casi, comunque, il lavoratore in permesso mantiene il proprio posto di lavoro e ha il diritto e il dovere di riprendere l’attività lavorativa non appena scaduto il permesso. I casi in cui si può chiedere e avere il permesso e la durata dell’assenza sono individuati dalla legge o dal contratto collettivo di lavoro.

 

Quando il permesso è retribuito e quando no

I permessi sono retribuiti in caso di:

  • riduzione dell’orario di lavoro (ROL);
  • festività soppresse;
  • studio e concorsi o esami;
  • donazioni di sangue o di midollo osseo;
  • motivi personali;
  • svolgimento di cariche pubbliche elettive o di incarichi di giudice popolare o impiegato a seggi elettorali;
  • matrimonio;
  • congedo per maternità o paternità e congedo parentale;
  • congedo per allattamento e permessi prenatali;
  • assistenza di familiari disabili;
  • lutto o infermità grave di un parente.


I permessi non sono retribuiti in caso di:

  • accordo tra lavoratore e datore di lavoro;
  • ipotesi previste dal Ccnl applicabile;
  • svolgimento di alcune attività sindacali.

 

I permessi retribuiti

I permessi per ROL valgono solo per i lavoratori a tempo pieno. Il loro numero è stabilito su base annua dal Ccnl, il quantitativo varia a seconda di qualifica, anzianità di servizio e orario di lavoro del lavoratore. La busta paga riporta quanti sono i permessi ROL maturati, goduti e ancora disponibili. I permessi non goduti devono essere pagati nella prima busta paga utile una volta scaduto il termine entro cui potevano essere utilizzati.

I permessi per le festività soppresse valgono per le ricorrenze di San Giuseppe (19 marzo), Ascensione (39esimo giorno dopo la Pasqua), Corpus Domini (60esimo giorno dopo la Pasqua), Festa dell’Unità Nazionale (4 novembre) e S.S. Pietro e Paolo (29 giugno). Possono essere chiesti solo se le festività in questione ricadono in una giornata feriale (solo a Roma il 29 giugno è sempre festivo). Anche questi permessi sono riportati in busta paga e in caso di mancato godimento vanno pagati, a dicembre o gennaio.

I permessi di studio consentono assenze per un totale di 150 ore (estensibili a 250) nell’arco di un periodo predeterminato (di norma 3 anni). Il lavoratore iscritto a corsi di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione o formazione professionale ha inoltre diritto a turni di lavoro che agevolino il completamento degli studi e può non prestare lavoro straordinario o in occasione dei riposi settimanali. Molti Ccnl, soprattutto nel settore pubblico, riconoscono 8 giorni l’anno di permessi per partecipare a esami e concorsi. Il lavoratore che intenda avvalersene deve documentare la partecipazione all’esame o concorso.

I permessi per la donazione di sangue valgono solo in caso di prelievo di almeno 250 grammi di sangue e consentono un’assenza di 24 ore; quelli per la donazione di midollo osseo consentono di assentarsi per tutto il tempo necessario allo svolgimento dell’operazione in questione.

I permessi per motivi personali sono riconosciuti per un massimo di 3 giorni l’anno. Le motivazioni addotte non sono sindacabili da parte del datore di lavoro, che ha però una certa discrezionalità nel valutare se l’assenza del lavoratore sia compatibile con l’ordinaria.

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I permessi per lo svolgimento di cariche pubbliche elettive consentono la partecipazione a sedute di consigli comunali, provinciali o di altri enti locali (inclusi i consigli circoscrizionali di Comuni oltre 500.000 abitanti) ai quali il lavoratore sia stato eletto. Quelli come giudice popolare consentono analogamente di partecipare ai lavori di giurie popolari di cui si sia stati chiamati a fare parte. Quelli infine per attività ai seggi elettorali sono riconosciuti a chi opera come scrutatore, segretario, presidente di seggio o anche come rappresentante di lista in occasione di elezioni e referendum. Il permesso copre il periodo che va dal giorno precedente il voto a quello di completamento degli scrutinii.

Il permesso per congedo matrimoniale vale 15 giorni complessivi (inclusi i sabati, le domeniche e ogni altro eventuale giorno non lavorativo) da godere entro 30 giorni dalle nozze.

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I permessi per congedo per maternità e paternità sono riconosciuti alla nascita di un figlio. Il congedo per maternità è obbligatorio e ha durata di 5 mesi; quello per paternità è invece di 4 giorni. Entrambi i genitori possono poi chiedere un congedo parentale fino a 6 mesi (insieme non devono superare il limite di 10 mesi), utilizzabile anche sotto forma di assenza per alcune ore al giorno.

Il congedo per allattamento vale per il primo anno dalla nascita o dall’adozione del figlio; la madre mantiene la retribuzione ordinaria e può assentarsi un’ora se lavora fino a 6 ore al giorno o 2 ore se lavora di più.

I permessi prenatali possono essere chiesti per gli accertamenti necessari nel corso di una gravidanza,. Si può chiedere un permesso anche per malattia del figlio, ma in questo caso non si è retribuiti durante l’assenza.

I permessi per l’assistenza di familiari disabili consentono di assentarsi per 3 giorni o per 18 ore al mese. Possono essere richiesti quando la persona di cui prendersi è in stato di disabilità grave (ai sensi del comma 3 dell’articolo 3 della legge n. 104 del  5 febbraio 1992) e non è ricoverata. La persona da curare deve essere un figlio (anche adottivo o in affido), il coniuge (anche di fatto), un parente o affine entro il terzo grado.

I permessi per lutto o infermità grave sono riconosciuti se l’evento riguarda il coniuge (anche separato), parenti fino al secondo grado (genitori, fratelli o sorelle, figli, nipoti o nonni) o soggetti che rientrino nello stato anagrafico del lavoratore. Il lavoratore che chiede questo permesso deve indicare quale è l’evento che lo giustifica e quale sarà la durata della sua assenza; deve inoltre presentare documentazione che attesti l’evento una volta rientrato in servizio. Il permesso vale per un massimo di 3 giorni lavorativi (eventuali giorni non lavorativi possono prolungare l’assenza, perché per quei giorni non occorre permesso) e va goduto entro 7 giorni dall’evento.

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I permessi non retribuiti

Lavoratore e datore di lavoro possono sempre concordare che il primo non si presenti al lavoro in un certo periodo e non sia retribuito. Quel che conta è che tale assenza sia concordata, così che il datore di lavoro sappia di non poter disporre del lavoratore in un certo periodo e il lavoratore non risulti assente ingiustificato. In caso di accordo qualsiasi motivo di assenza è valido (purché lecito) perché è stato accettato dalle parti.

Permessi non retribuiti possono essere previsti anche dai vari Ccnl. Di norma, si tratta dell’estensione di periodo di assenza coperti da permessi retribuiti. Alcuni contratti collettivi, ad esempio, riconoscono la possibilità di assenza non retribuita per studiare, ma lo studio dà già diritto a un periodo di assenza retribuita. Peraltro, a prescindere dal Ccnl, un’assenza non retribuita per un periodo ulteriore rispetto a quello per il quale si può avere un permesso retribuito può essere sempre concordata da lavoratore e datore di lavoro.

Permessi non retribuiti possono infine essere goduti da chi svolge attività sindacale. Per lo svolgimento di molte attività sindacali l’articolo 23 della legge n. 300 del 20 maggio 1970 (il cosiddetto Statuto dei lavoratori) consente di godere di permesso retribuito. Ma qualora l’attività sindacale non ricada sotto quella norma, essa può essere svolta richiedendo un permesso non retribuito.

 

La concessione del permesso

E’ dubbio che il datore di lavoro possa rifiutarsi di concedere il permesso richiesto da un lavoratore; restano però molti margini di ambiguità. Non tutti i casi che consentono di chiedere un permesso sono caratterizzati da un’evìdente oggettività. Nel caso di congedo per maternità, assentarsi è addirittura un obbligo; se anche l’interessata non lo chiedesse, il datore di lavoro dovrebbe imporglielo. Nel caso di permesso per motivi personali al contrario da un lato non è possibile definire a priori quali siano i motivi personali validi, dall’altro non si può consentire che tali motivi portino a una sostanziale anarchia sul luogo di lavoro (a danno anche dei colleghi e non solo del datore di lavoro).

A favore dell’automaticità dell’accoglimento di una richiesta di permesso spesso si invoca il fatto che il permesso è riconosciuto come un diritto dai vari Ccnl. E quindi, si argomenta, il datore di lavoro non può opporsi. Di contro, però, anche nei casi più oggettivi (tipo i permessi per festività soppresse) la concessione di permessi trova un limite nella necessità di garantire l’ordinaria attività. Se un’attività è aperta durante una festività soppressa, non sembra obbligatorio accogliere tutte le richieste di permesso di tutti i suoi dipendenti per quella data.

 

Tempi e procedure per chiedere il permesso

I permessi sono regolati dai vari Ccnl. Non esiste quindi una regola unica in merito ai tempi e ai modi in cui la richiesta di permesso va presentata. In linea di principio la richiesta va presentata con congruo anticipo, ma alcuni eventi che giustificano la richiesta possono essere repentini. Un matrimonio è ad esempio così prevedibile da rendere in effetti ingiustificabile una richiesta di congedo a ridosso delle nozze stesse; un lutto o la malattia di un figlio, al contrario, possono capitare all’improvviso.

Per chiedere il permesso vi sono spesso appositi moduli, così da documentare anche che l’assenza non sia ingiustificata. Ogni volta che è possibile, peraltro, il lavoratore deve dare prova dell’evento (e del momento in cui ha avuto luogo) che ha portato a chiedere il permesso.

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